Nel Palazzo Guadagni in piazza Santo Spirito all’angolo con via Mazzetta, si teneva un celebre salotto, quello di Maria Wyse Bonaparte, nobile francese, che aveva sposato il primo ministro Urbano Rattazzi. Donna odiata dai fiorentini per la sua bellezza stravagante e per le gaffe continue, la contessa Rattazzi, nipote di Napoleone, era solita atteggiarsi a musa di letterati e artisti anziani, come Hugo e Balzac.
Nel 1863, quindici giorni dopo la morte del primo marito, aveva sposato Urbano Rattazzi. Questi era un uomo rigoroso, che si era rifiutato di formare il governo che avrebbe dovuto trasferire la capitale da Torino a Firenze; lei, già chiacchierata e malvista dalla nobiltà torinese, giunta a Firenze quando la città divenne la capitale del Regno, non perdeva l’occasione di manifestare il suo disprezzo, considerando arretrati e provinciali i nobili Fiorentini. D’altra parte questi, tradizionali e austeri, non le perdonavano l’uso del Francese, la raffinatezza e l’ eleganza nel vestire, l’ostentazione della parentela illustre e, soprattutto, le accuse di provincialismo che rivolgeva loro. Il Giovedì nel cinquecentesco palazzo di piazza S. Spirito, nel salotto mondano della principessa si faceva musica, si organizzavano balli, si mettevano in scena rappresentazioni teatrali. La padrona di casa intratteneva gli ospiti nel Salone delle feste, arredato con mobili di gusto francese ed arricchito da ori e da velluti, che aveva sul lato rivolto verso via del Mazzetta un teatro, dove lei stessa si esibiva come attrice, regista, scenografa di commediole ambientate in Francia e scritte in francese, organizzava tableaux vivants ed offriva pranzi in piedi. Alle sue riunioni erano presenti uomini politici amici del marito, diplomatici e persone che potevano trarre vantaggio dal frequentare il salotto del Primo Ministro il quale, appena se ne presentava l’opportunità, era solito tagliare la corda abbandonando tali compagnie. Neppure i giornalisti e gli intellettuali frequentavano questi incontri: per cui la Rattazzi riteneva che la Peruzzi fosse responsabile di queste defezioni e si meravigliava che la società fiorentina si facesse rappresentare da una donna così disadorna, così austera e neppure bella. Addirittura accusò Ubaldino Peruzzi e Silvio Spaventa di aver usato i soldi del Ministero degli Interni, di cui erano ministro e segretario, per organizzare una campagna stampa per Firenze capitale e di essere loro i responsabili della strage di Torino del settembre 1864 per la notizia del trasferimento della capitale. Maria sapeva attirare l’attenzione su di sé ed anche essere un’abile provocatrice: per il primo anniversario di Firenze Capitale si presentò al ballo in maschera a Casa Fenzi vestita da Baccante, coperta solo da una pelle di leopardo; tale evento mondano era uno dei pochi frequentati anche dalle ragazze di buona famiglia, in quanto questa dimora era considerato una garanzia di serietà. Successivamente, la principessa pubblicò il romanzo Le chamin du Paradis, in cui era descritta la città di Bicheville, abitata da avanzi di galera e da lavandaie che erano diventate marchese; qui le manifestazioni tradizionali e austere delle famiglie aristocratiche e dei loro ammuffiti salotti convivevano con nobili che non sapevano portare il titolo conquistato per chissà quali vie. Le loro donne erano di dubbia moralità, specialmente una certa marchesa Hermengarde, ( allusione non tanto sottesa alla Peruzzi,) che faceva da nave scuola agli ufficiali che frequentavano la sua villa di campagna. Queste pesanti insinuazioni provocarono quasi la caduta del governo, e suscitarono sentimenti di sdegno e di ironia nei Fiorentini. Mentre le signore dell’aristocrazia l’accusavano di mancanza di pudore, i giornali satirici ne fecero oggetto di sarcasmo nelle loro vignette. Si passa dalle battute sagaci del Pasquino (il popolo fiorentino indignato che chiede“O la lingua di Madame R. o morte!”, mentre una popolana grida” Giuriamo di strappare il chignon a madame R.” intonando la Marsigliese.) alle insinuazioni de La chiacchiera (“Le chiare acque d’Arno si lasciano intorpidire da poche gocce d’inchiostro” commentano l’immagine di Maria Rattazzi immersa in Arno come una sirena) e, per finire, alla maldicenza dei Pettegolezzi fiorentini ( un signore dice ad una dama colpita da un libro“Anche voi siete offesa dal libello di madama R.? Vendicatevi col fare pubblicare la di lei biografia” “Sgraziatamente la sua biografia è fatta e pubblicata da molto tempo: Stenterello alla Quarconia chiama Bicheville “Città del Corneto”).
(a cura di Carmela Panarello)